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sogni 

La teoria del fanciullino

Le concezioni di Pascoli sulla natura e sugli
scopi della poesia sono espresse in un lungo e importante scritto, Il
fanciullino, pubblicato nel 1897 sulla rivista fiorentina il Marzocco.


Secondo Pascoli,in ogni uomo c’è un fanciullo,
capace di commuoversi e di sperimentare ogni giorno emozioni e sensazioni
nuove. Spesso tale fanciullino è soffocato e ignorato dal mondo esterno, degli
adulti, ma se si risveglia fa sognare a occhi aperti, fa scoprire il lato
attraente e misterioso di ogni cosa, fa volare con la fantasia in mondi
meravigliosi. Proprio come nel tempo dell'infanzia, tale fanciullino ha
conservato la facoltà di parlare con gli alberi, i fiori, gli animali, e in
qualsiasi momento si può tornare ad ascoltare la voce.


Il fanciullino osserva le piccole-grandi cose
della campagna con una prospettiva rovesciata:






·                    
le cose grandi le vede
piccole (il brillare delle stelle, per esempio, gli pare un pigolio);



·                    
le cose piccole le
ingrandisce (un ciuffo di fili d'erba gli sembra una foresta).



Il suo metro di giudizio differisce
radicalmente da quello degli uomini adulti, civilizzati; è un individuo di
natura, non di dicitura.



Nella metafora di Pascoli, questo
fanciullo non è una condizione anagrafica, ma è una condizione interiore. Essa
rappresenta quella natura pura e ingenua, candida e innocente, che, nella
psicologia di un individuo, può conservarsi anche in età avanzata; l'individuo
cresce e invecchia, ma il fanciullino rimane piccolo dentro di lui, e piange e
ride senza perché. L'importante è non
soffocare definitivamente questa voce, che ancora vibra nella parte
dell'anima rimasta, appunto, fanciulla.



 



Il poeta fanciullo



Chiunque riesca a conservarsi fanciullo,
dice Pascoli, può:



·                    
guardare la realtà circostante con
stupore ed entusiasmo;



·                    
percepire così il lato bello e
commovente di ogni situazione;
                   

oltrepassare, con la fantasia, le
apparenze comuni e banali.
In altre parole, il fanciullino è colui

che sa osservare poeticamente il mondo: le sue facoltà sono le stesse del

sentimento poetico. Infatti, nell'ottica di Pascoli, il poeta è precisamente
colui che, come i fanciulli, ha mantenuto l'infantile capacità di meravigliarsi
e d'intuire, piuttosto che di ragionare. Da lui non potrà che nascere una
poesia fanciulla: essa rinuncerà all'eloquenza, alla dottrina, all'imitazione
dei grandi scrittori del passato, e s'ispirerà piuttosto allo stormire delle
fronde, al canto dell'usignolo, all'arpa che tintinna. Rifuggirà le grancasse,
scrive Pascoli, cioè i modi solenni da poeta-vate (e infatti a un certo punto
del suo scritto egli polemizza direttamente con il maestro Carducci), perché il
fine della poesia è solo la poesia, la poesia pura. Se invece l'arte nasce per
afferrare messaggi esterni (sociali, religiosi o politici), tradisce se stessa
e si consegna alla retorica. La posizione di Pascoli è molto vicina all'arte
per l'arte di parnassiani e simbolisti.
Pascoli sviluppa ulteriormente il parallelismo

tra fanciullo e poeta:il fanciullo osserva ogni cosa con

occhio incantato, perché tutto gli parla di orizzonti sconosciuti e
affascinanti; anche il poeta fanciullo sa cogliere le misteriose relazioni (le
corrispondenze di Baudelaire) e analogie che sussistono tra le cose;
                 

il fanciullo vede le cose in maniera
discontinua, slegata; anche il poeta-fanciullo esprime le proprie immagini in
maniera istintiva, pre-logica, se non irrazionale;
 il fanciullo vede solo i primi piani,

non il vicino e il lontano, o il prima e il dopo, e tutto gli appare parimenti
importante; ugualmente, al poeta-fanciullo sfuggono le giuste dimensioni perché
egli giustappone, una dopo l'altra, le immagini e le sequenze, senza
rielaborarle nel giusto ordine;
 il fanciullo non si sente affatto

superiore rispetto alla natura, e anzi s'immerge con timore in essa, parla agli
animali e alle nuvole, s'immedesima con i fili d'erba; anche le parole del
poeta-fanciullo sono quelle incontaminate della gente semplice di campagna,
cioè sono parlate dialettali, gerghi di arti e mestieri, i versi degli uccelli.
Tutto concorre a ringiovanire l'espressione poetica. Affondano qui le radici dello sperimentalismo
pascoliano.


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 Added on:  11/03/2018
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 Posted by:  Maurizio
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